CONCLUDERE UN CONTRATTO
1.2.13.- Annullabilità.
Il contratto è annullabile nelle ipotesi previste da codice civile di incapacità e quando ricorrano i c.d. vizi del consenso (vd. par. 1.2.1), vale a dire quando il consenso di una parte è stato dato per errore, estorto con violenza o carpito con raggiri.
L’azione di annullamento:
- può essere instaurata solo dalla parte nel cui interesse tale rimedio è stabilito dalla legge (salve rare eccezioni);
- si prescrive in 5 anni dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il raggiro, è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età. Il contratto annullabile può essere convalidato dal soggetto legittimato all’azione di annullamento, sia con atto formale che mediante esecuzione volontaria e cosciente del motivo di annullabilità.
1.2.14.- Rescissione
E’ previsto il rimedio della rescissione del contratto nelle ipotesi in cui una parte abbia assunto obbligazioni a condizioni inique per la necessità di salvare sé od altri del pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo noto all’altra parte, ovvero nelle ipotesi di sproporzione tra le prestazioni previste dal contratto dipendete dallo stato di bisogno di una parte, della quale l’altra ha approfittato per trarne un vantaggio. L’azione si prescrive in 1 anno dalla conclusione del contratto, salvo che il fatto costituisca reato, nel quale caso si applicano i termini di prescrizione eventualmente più lunghi previsti per il reato ovvero, a seconda dei casi, i termini di 5 o 10 anni nei casi di estinzione del reato intervenuta sentenza penale. E’ possibile evitare la rescissione riportando il contratto ad equità.
1.2.15.- Risoluzione
Naturalmente il vincolo contrattuale si scioglie quando le parti adempiono correttamente ed integralmente alle rispettive obbligazioni ovvero quando pattuiscono di risolvere il contratto di comune accordo.
Il contratto si scioglie altresì per risoluzione in caso di inadempimento di una parte di non scarsa importanza. Il codice civile prevede in tali casi che l’altra parte possa chiedere, per via giudiziale, l’esecuzione ovvero la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento del danno. La risoluzione del contratto, come regola generale, deve essere pronunciata dal giudice, ma può anche determinarsi automaticamente nei seguenti casi:
diffida ad adempiere: è l’intimazione di adempiere entro un congruo termine, di regola non inferiore a 15 giorni, che determina la risoluzione automatica del contratto qualora la controparte non adempia nel termine in questione;
clausola risolutiva espressa: le parti stabiliscono nel contratto che la violazione di determinate clausole comporta la risoluzione del contratto; la risoluzione si verifica quando la parte interessata dichiara all’altra di valersi della clausola risolutiva;
termine essenziale: se nel contratto è stabilito che un determinato termine è essenziale per una delle parti, il mancato rispetto di detto termine produce di regola la risoluzione del contratto, salvo che la parte interessata chiede comunque l’adempimento entro il termine di tre giorni o altro pattuito.
La risoluzione del contratto ha effetto retroattivo, salvi i contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali gli effetti della risoluzione non si estendono alle prestazioni già eseguite.