Gilles Marchand, predecessore di Susanne Wille, aveva definito l'iniziativa «un attacco alla Svizzera», ritenendo che, qualora malauguratamente passasse, il servizio pubblico radiotelevisivo non sarebbe più in grado di adempiere al proprio mandato. A chi ritenesse che si tratti di un allarmismo esagerato e partigiano, può essere utile considerare le conclusioni, rilevate in esclusiva dal Blick, di uno studio commissionato dall'UFCOM, l'Ufficio federale delle comunicazioni, a BAK Economics. Ebbene, tale studio rileva che, se il popolo dovesse dire «sì» all'iniziativa, la SSR dovrebbe tagliare oltre 3 mila impieghi, di cui 2.400 a tempo pieno. Per avere un metro di valutazione, annotiamo che attualmente l'azienda impiega poco più di 7 mila persone. Ma questo dato, di per sé, rilevante è solo parziale. Non tiene conto che l'iniziativa andrebbe a cancellare anche altri posti di lavoro. Quelli dell’indotto, vale a dire di quelle aziende che dipendono fortemente dalla SSR. Parliamo, ad esempio, delle aziende di produzione esterne e dei fornitori di servizi informatici. Secondo l'analisi di BAK Economics, i tagli proposti comporterebbero la perdita di ulteriori 2.450 posti di lavoro a tempo pieno. Complessivamente, a rischio oltre 6.000 posti di lavoro. Penalizzate le minoranze linguistiche Stanti così le cose, difficile non concordare con il portavoce della SSR, Jan Flückiger, che al Blick ha dichiarato come sia un'illusione supporre che un'offerta equivalente di servizi di informazione, cultura, intrattenimento e istruzione possa essere finanziata con la metà delle risorse. Di conseguenza, la SRG non avrebbe altra scelta che centralizzare massicciamente l'azienda e chiudere la maggior parte delle sue sedi. Questo indebolirebbe le regioni e avrebbe un impatto negativo sulle minoranze linguistiche. Inutile dire che l’italiano è fra queste. Una conclusione simile a quella a cui è giunto anche il rapporto di BAK Economics. Gli economisti ritengono che una parte significativa dei risparmi deriverà proprio dalla centralizzazione dei servizi. Secondo le loro conclusioni, a soffrire saranno i siti produttivi della Svizzera italiana e francese, che probabilmente saranno pesantemente colpiti da queste misure di ristrutturazione. Lo studio sottolinea inoltre che l'accettazione dell'iniziativa «200 franchi bastano» violerebbe «molto probabilmente» l'articolo 27 della Legge federale sulla radiotelevisione. L'articolo prevede che i programmi della SSR siano prodotti prevalentemente nelle regioni linguistiche a cui sono destinati. Dato che il Parlamento rispetterà sicuramente questo articolo, molti servizi non potrebbero dunque essere centralizzati. Di conseguenza, i risparmi non potranno essere ottenuti raggruppando le infrastrutture o i team, ma andranno realizzati altrove. Probabilmente, riducendo i contenuti offerti e sacrificando la qualità dei programmi. Il taglio di oltre 750 milioni di franchi svizzeri al budget della SSR non riguarderebbe solo l'azienda stessa, ma, come detto, l'intera catena di valore. Ne risentirebbero le società di produzione, i fornitori di servizi tecnici, gli operatori culturali e i fornitori. La SSR, in ogni caso, ha già iniziato a ridurre la sua programmazione. Molti programmi sono già scomparsi nella Svizzera tedesca, mentre dal 2027 la SSR non produrrà più l'hockey della National League o le partite di calcio della UEFA. Per quanto drastico sia lo smantellamento già in atto, esso rappresenta solo una piccola anticipazione delle conseguenze dell'iniziativa «200 franchi bastano». Una concessione da rinnovare Alle questioni di ordine economico, però, si aggiunge anche un dettaglio non certo secondario: a fine 2028 scadrà la concessione. Solo a quel punto sarà possibile definire il profilo finanziario del servizio pubblico. In base alle risorse disponibili (ovviamente molto dipenderà del risultato della votazione del prossimo 8 marzo) verrà quindi elaborata una nuova concessione, che, come ha anticipato il Consiglio federale «preciserà il mandato della SSR orientandolo maggiormente all’informazione, all’istruzione e alla cultura, nonché alle nuove abitudini di fruizione del pubblico. L’offerta online si concentrerà maggiormente sui contenuti audio e audiovisivi». D’altro canto, lo stesso Consigliere federale Albert Rösti, capo del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni – in una lunga intervista concessa al Tages Anzeiger – evidenziava la necessità di una «profonda trasformazione» della SSR. «In futuro dovrebbe puntare maggiormente su informazione, formazione e cultura. L’intrattenimento e lo sport possono infatti anche essere prodotti dai media privati». La Rivista Primo piano La Rivista · Ottobre - Dicembre 2025 29
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