La Rivista

Avete mai sentito cantare l’R&B in mongolo, l’heavy metal in finlandese o canzoni reggae in wolof? Lo scopriremo solo vivendo? L’italiano, in questo senso, non può certo competere con l’inglese o lo spagnolo, due lingue che hanno sicuramente un bacino di utenza di centinaia di milioni di persone, non anglofone e non ispanofone, in tutti i continenti, però è sempre apprezzato soprattutto in certe zone dell’Europa. Un giorno, una signora ucraina che frequentava i miei corsi mi ha confessato che da giovane, ai tempi della cosiddetta Cortina di Ferro, era andata a vedere diversi concerti dei cantanti italiani che venivano mandati nei Paesi comunisti a gorgheggiare un panino con un bicchiere di vino, spaghetti al dente o gelato al cioccolato, dolce un po’ salato. Claudio Baglioni ha scritto anche una canzone struggente sulle sue esperienze fatte con Le ragazze dell’est. Il Made in Italy nel mondo è passato e si diffonde ancora attraverso le canzoni italiane. L’ultimo esempio infanzia o della giovinezza, indipendentemente dalla lingua in cui sono cantate. Basta ascoltare quello che succede durante i concerti, quando i cantanti chiedono al pubblico di ripetere in coro interi ritornelli dei loro brani. E non parliamo di tutte le volte che ci ritroviamo in macchina, a casa o da qualche altra parte, da soli o in compagnia, a cantare a squarciagola le canzoni che ci piacciono di più, anche in una lingua che non abbiamo mai imparato ufficialmente scuola. Negli ultimi decenni la fruizione quotidiana della musica è diventata molto più semplice grazie alle piattaforme che si trovano in rete e offrono ogni genere di canzoni in tutte le lingue del mondo. Un tempo, invece, bisognava aspettare l’uscita del disco in vinile, dell’audio-cassetta o del CD e non sempre tutto era reperibile facilmente come avviene ora. Oggi posso crearmi da solo i miei sottofondi musicali privati attingendo da una quantità immensa di musica proveniente da tutto il mondo e cantata anche in moltissime lingue. è stato il fenomeno, abbastanza effimero dei Måneskin, che, dopo il successo internazionale rockeggiante (e italianamente poco melodico) di Sono fuori di testa, hanno comunque continuato con l’inglese per opportunità internazionali. Però l’esperienza musicale avuta all’aeroporto di Zurigo mi ha riportato indietro nel tempo. Ho pensato alle centinaia di persone di tutto il mondo che si trovavano in quel momento con me ad ascoltare distrattamente parole forse incomprensibili per gran parte di loro, in un contesto del tutto inadeguato come quello di una sala di attesa. Ma erano in italiano e spero che, nonostante tutto, qualcosa di quelle sillabe vocaliche scandite musicalmente siano piaciute. E chi lo sa? Forse qualcuno un giorno si iscriverà a un corso di italiano, incuriosito di sapere che fine ha fatto Marco che se ne è andato via, lasciando da sola la povera Laura (Pausini). Ma questo lo scopriremo solo vivendo… come appunto cantava Lucio Battisti. La musica può aiutare effettivamente nell’apprendimento dell’italiano. I cantanti lirici stranieri studiano la nostra lingua per pronunciarla meglio e capire quello che devono intonare sui palcoscenici La Rivista · Ottobre - Dicembre 2025 50

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