LA MATERIA DEL TEMPO UNA MEDITAZIONE SUI MATERIALI E IL LORO SIGNIFICATO NELL'OROLOGERIA CONTEMPORANEA L'industria orologiera svizzera, quella peculiare intersezione tra artigianato e commercio, è divenuta il laboratorio più sofisticato della nostra epoca per questa trasmutazione filosofica. Simbolo di permanenza e di potere Si consideri la traiettoria: verso la fine degli anni Novanta l'oro—quel più antico simbolo di permanenza e potere—aveva cominciato a imbarazzare chi lo portava. Non perché fosse mutato, ma perché eravamo mutati noi. Il metallo che adornava i faraoni e finanziava gli imperi portava ormai con sé il lieve sentore di volgarità che il consumatore di lusso, divenuto più sofisticato, trovava sgradevole. L'oro giallo divenne l'equivalente orologiero dell'ostentazione della propria ricchezza, mancando completamente il segno di ciò che il lusso aveva iniziato a significare. L'oro bianco offrì la prima via d'uscita—oro per coloro troppo raffinati per indossare oro giallo, raggiungendo l'esclusività attraverso la sottigliezza piuttosto che l'esibizionismo. Il Calendario Annuale di Patek Philippe in oro bianco, il Daytona in oro bianco di Rolex che appariva a tutti gli effetti come acciaio pur mantenendo i prezzi del metallo prezioso—queste non erano mere scelte estetiche ma ricalibrazioni fondamentali dei valori del lusso. La difficoltà di esecuzione divenne valore narrativo; la complessità della manifattura si trasformò in racconto avvincente. Eppure, l'oro bianco fu soltanto un preludio. Entrò in scena il platino, più raro dell'oro di ordini di grandezza, quasi il doppio più denso del piombo, dotato di un biancore naturale che non richiedeva sostanze leganti. Ecco un materiale così esclusivo che spiegarne il valore divenne parte della sua seduzione. Gli svizzeri posizionarono il platino non come alternativa costosa ma come categoria del tutto diversa—una che trascendeva interamente le gerarchie tradizionali. Gli ostacoli di lavorazione—punti di fusione che si avvicinavano ai 1.800°C, caratteristiche di incrudimento che distruggevano gli utensili, densità estrema che creava un peso sorprendente—divennero argomenti di vendita. Gli artigiani di Vacheron Constantin parlavano con reverenza della "resistenza del platino agli strumenti dell'artigiano", trasformando la difficoltà in prova di nobiltà. Ogni sfida veniva presentata come dimostrazione di esclusività. La resistenza del platino alla lavorazione divenne prova del suo valore. Una rivoluzione silenziosa Ma si osservi lo sviluppo parallelo: mentre l'industria era ossessionata dai metalli preziosi, l'acciaio inosdi Sergio Galanti Si osserva, nell'arco di questi ultimi decenni, una curiosa trasformazione nel rapporto dell'umanità con la materia stessa—un'alchimia non di metallo vile in oro, come perseguivano gli antichi, ma di significato in sostanza, di narrazione in valore. A Vacheron Constantin Ref. 48003, Platinum, Automatic, circa 1996 La Rivista Visioni del tempo La Rivista · Ottobre - Dicembre 2025 61
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