La Rivista

La Rivista Italiche radicamento nelle aree più ricche del Paese, al quale si è associato di recente il proficuo controllo su Anima Sgr. D’altra parte, il business del risparmio è storicamente presidiato da Crédit Agricole con Amundi, che è nella top ten mondiale dell’asset management. Le variabili demografiche Per una programmazione strategica, è comunque utile osservare come varieranno le principali variabili demografiche (nascite, immigrazioni ed emigrazioni) nelle province italiane, secondo lo scenario di Istat12. In particolare, considerando il periodo tra il 2024 e il 2035, le prime province per aumento in termini percentuali delle nascite saranno Trento (+27,1%), Aosta (+25,4%), Mantova (+24,9%), Pavia (+24,7%) e Ferrara (+23%). Considerando la variazione in termini assoluti, le prime province per aumento saranno Milano (+3.200), Roma (+3.200), Torino (+1.700), Brescia (+1.600) e Bergamo (+1.500). Sempre con riguardo alle nascite, le prime cinque province per diminuzione in termini percentuali saranno Catanzaro (-19,6%), Reggio Calabria (-19,5%), Vibo Valentia (-18,5%), Potenza (-17,3%) e Cosenza (-17,0%). In termini assoluti, le più ampie variazioni negative sono attese nelle province di Napoli (-2.300), Salerno (-780), Cosenza (-750), Palermo (-740) e Reggio Calabria (-730). Di fatto, emergono dinamiche opposte tra il CentroNord del Paese e il Sud, con Campania e Calabria che registrano valori particolarmente critici. Per quanto riguarda invece il Pil, emerge come le province a più alta crescita nell’ultimo decennio sono state principalmente quelle del Centro-Nord Italia. In particolare, le prime province per maggiore crescita in termini percentuali sono state Siracusa (+4,8%), Bolzano (+3,3%), Milano (+3,3%), Modena (+3,1%) e Brescia (+3,1%). Al contrario, le province per minore crescita in termini percentuali sono state Caltanissetta (+0,9%), Pescara (+0,9%), Benevento (+1,0%), Catanzaro (+1,2%), Fermo (+1,2%). Penalizzate soprattutto le PMI Qui veniamo a un altro punto dolente della desertificazione bancaria. Il fatto di chiudere gli sportelli può far comodo o meno al privato che alla sera a casa sua, si fa i suoi conti, va al bancomat alla domenica e non perde tempo prezioso. Di certo, tale fenomeno è controproducente per le piccole e medie imprese esistenti nel territorio non più aiutate dagli istituti calamitati dai grossi agglomerati e, se proprio, soggetti alla monocultura di un solo istituto bancario vicino al proprio posto di lavoro. Sono dunque le PMI le vittime di questa desertificazione. E i numeri – a rifletterci bene – non sono di piccolo cabotaggio. Il 28% dei comuni italiani non aveva sportelli bancari dal 2015. Un altro 15% dei comuni li ha persi dal 2015 al 2024; il 24% dei Comuni al momento ne ha uno solo a disposizione e il 32% ha invece una seconda scelta per farsi consigliare. Naturalmente, prendendo in esame la popolazione, le cifre sono diverse, perché Milano è un solo comune, ma ha tanti sportelli da farne collezione. Ebbene, in Italia il 51% della popolazione ha tale libertà, il 23% si deve accontentare di un solo istituto nel territorio e il 26% non ha altra alternativa che l’internet banking o prendere i mezzi per andare ad una banca preferita. Per le imprese, avere una banca è “quasi” un diritto e invece 289 mila PMI (122.746 già orfane dal 2015, cui se ne sono aggiunte altre 166.192 dal 2015 ad oggi) non hanno questa possibilità. Mentre altre 433.745 PMI “sperano” che l’unico sportello rimasto nel loro perimetro non prenda prossimamente il volo. La Rivista · Ottobre - Dicembre 2025 7

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